mercoledì 7 novembre 2012

tutti noi, foglie d'autunno


Ungaretti quando paragonava gli uomini alle foglie d'autunno, parlava da una realtà di guerra.
Eppure oggi la stessa fragilità esiste anche senza guerra.
Per lo meno non quella di armi e invasioni coi carriarmati.
Ma ogni giorno, ogni santo giorno, è una guerra.
Per stare in piedi.
Per non perdersi.
Per riconoscersi.
Dobbiamo soffocarci, tacere, sorridere, reprimere. Vergognarsi dei nostri talenti, o sottoporre i nostri pensieri al giudizio altrui.
Lasciare che qualcuno dica al posto nostro se quello che facciamo ci rende meritevoli o meno di un titolo, una posizione. Un semplice stare nella società.
Siamo tutti le foglie di Ungaretti.
Siamo tutti fragili.
Ognuno di non vive l'invasione di un carroarmato invisibile.
Ognuno di noi piange al vedere il proprio ego stritolato da mani estranee.
E non occorre avere un ego grande per dover fare lo sforzo di proteggerlo.
Tutti dovremmo proteggerlo. E tutti dovremmo aiutare a proteggerlo chi non è abbastanza forte.
Io lo so che significa sentire il male degli altri addosso.
E non sono l'unica certo.
Solo che io lo grido con lo scrivere. A volte lo sbraito più che gridarlo e magari ottengo un effetto urtante, più che altro.
Comunque è una pugnalata ogni volta che le mie parole escono da queste righe storpiate o derise o come arma.
Io però, almeno, posso urlare col mio scrivere.
Perchè se, stanotte, a 24 anni decidi di toglierti la vita le possibilità sono due.
O non avevi un mezzo con cui gridare.
O hai gridato e ti hanno zittito.
E ora quella voce non ci sarà più e ci saranno orde di ipocriti a dare senso al tuo gesto al posto tuo.
Tanto Tu da stanotte non ci sei più.
Spero solo Tu non senta più nulla di quello che ti faceva così male da lasciarTi cadere.
C'eri ieri. Quando forse qualcuno ti ha detto che stai facendo delle puttanate.
C'eri ieri quando forse ti hanno detto che eri un buono a nulla.
Non sono bravi questi adulti che stanno qui a dirti, dirmi, dirci, cosa non va in te.
Dovrebbero dirti cosa va in te.
Cosa di buono c'è in te.
E perchè vale la pena vivere e lottare e sopportare a volte.
Sai. Siamo tutti foglie d'autunno.
Solo, hai ragione su di una cosa: se riusciamo a reggerci perchè oggi non c'è vento, non dovrebbe essere la superficialità a soffiare il suo giudizio.
Perchè cadiamo.
Tu sei caduto.
Forse non sono degna di parlare ai giovani e di insegnare ai giovani qualcosa.
Proprio perchè lo sono anche io.
Proprio perchè servono gli adulti a insegnarci qualcosa.
Ma allora, da giovane che poco conta, poco sa e poco ha da insegnare, volevo solo dirvelo, adulti che ci osservate.
Siamo foglie d'autunno.
Che siamo fragili lo sappiamo già. Lo vedete. Lo vediamo.
Almeno, non soffiate.
Perchè mentre noi siamo costretti a guardare con gli occhi bassi il terreno, Lui si è lasciato cadere.
Ricordateci che abbiamo il Cielo sopra.
Siamo foglie d'autunno.
E' un nulla cadere.




lunedì 5 novembre 2012

sopra la vostra depravazione, io danzo.

e oggi si fa pulizia tra le "amicizie"...
perchè sono stanca di essere paziente e tanto non me ne viene nulla.
via le sfigate che guardano il mio profilo, chiamano la mamma, fanno vedere cosa pubblico e poi la mamma, più sbarbina ancora delle figlie, va dalla mia...: "ah! ma hai mai visto che Eleonora ha le foto in posa?"... NUUUUOOOOOO??!!!! TERREMMOTTOTTRAGGEDDIAAAAA!!! mavaff... che non siete capaci di mettere una dietro l'altra due parole in croce, parlate come Eta Beta dopo la lobotomia e vi mettete a fare Sgarbi con le mie foto. e vostra madre la D'urso a moderare i dibattiti??! marivaff... e dopo queste sono quelle che si lamentano ogni tre per due che i laureati non trovano lavoro: bella, non è che quel pezzo di carta  riesca a tappare tutte le falle e proteggere il tuo cranio dall'invasione dei roditori!!! metti in moto il cervello, non lesinare col carbone, e vedrai che una possibilità in più ce l'hai... perchè finchè ragioni così, vai bene solo a raschiare le suole delle scarpe. 
poi.
via quell'altra che si lamenta perchè vuole "fare la giornalista, e scrivere, e se lo fa la Eleonora che non ha neanche studiato per quello...".
senti, animafragile, dato che ti viene così facile aprire la bocca per far vedere che hai ancora un dentino da latte, prova a chiudere le gambe (...so che fai pilates, mica per altro...) e leggere qualche libro. scoprirai un mondo fantastico  che si chiama "scrittura" e capirai che è meglio che torni... a fare pilates. se hai una dote non è certo quella della scrittura.
non ce l'ho nemmeno io forse, solo che io ci vivo a differenza tua. ed è la mia vita. oltre che la mia ragione di vita. guarda un pò quante robe che il tuo cervellino sfrigolante non riuscirà a distinguere, ma che ricondurrà ad una sola parola: "lavoro".  senti, se proprio a me va male, prometto che divento insegnante di Pilates. solo per farti un dispetto.
via i "diversamente occupati" che si preoccupano di verificare i miei stati, con chi esco, dove vado, con chi parlo, cosa dico, cosa penso, in quanto tempo digerisco la peperonata. e ne fanno un rapporto dettagliato. in questo rapporto metteteci anche quattro dita medie. dai vostri tabulati non risulta che io ne abbia quattro?? guardate bene: ho alzato pure quelle dei piedi!!!!
 e per rispondere alla domanda che mi ha fatto mia mamma: "ma perchè non fai a meno di scrivere e pubblicare?", voglio essere chiara.
io sono una persona VERA.
più ossa che carne forse, ma di certo più cuore che culo.
gioisco, mi emoziono, mi arrabbio, soffro, sono orgogliosa, frustrata, vanitosa, complicata, al settimo cielo. sono antipatica, ingenua, stupida, delusa,narcisa. sono fragile, sola, triste, depressa. sono un fuoco,coinvolgente, entusiasta, gioiosa, allegra,...
qualcuno poco incline all'uso della sensibilità potrebbe obiettare che sono instabile se sono tutto questo. ok. sarò anche instabile.
ma sono VERA. io non mi nascondo, non parlo di altri, non faccio i calcoli, non mi interesso di quello che gli altri dicono e non mi occupo nemmeno di sapere che lavoro fanno, se hanno qualcuno a fianco o solo sotto, se nelle foto vengono bene.
io vivo di me.
e di quello che gli altri mi danno. non che mi tolgono.
questo non piace? oddio, ad un certo punto ricomincerò anche a mangiare e dormire quando me ne sarò fatta una ragione.
ma per rispondere alla domanda di mia mamma: io non mi devo nascondere.
se sembro un tipo da scandalo, credo lo scandalo sia negli occhi di chi guarda.
forse non è cataratta quel velo. peccato. perchè allora non si può nemmeno operare.
si chiama depravazione.



 

venerdì 2 novembre 2012

matassa di fili strani.


mah. ho dei pensieri filosofici oggi.
perchè mi guardo dentro e vedo una matassa scomposta di fili strani a compormi.
ognuno di noi nasce con una peculiarità.
ecco, io credo di essere nata per non trovare nessuno con i miei stessi gusti.
credo che in fondo un pò bisognerebbe averceli nel sangue gli altri e i loro gusti. e invece io nel sangue ho solo me.
troppo spesso mi sembra che tra gente che si muove avanti e indietro, io non riesca a fare altro che andare verso l'alto e poi verso il basso. di continuo.
e solo nell'attimo in cui ci incrociamo riuscire a farmi capire. o a capire. ma solo a volte.
più di tutto non capisco le storie sul giusto o sbagliato, la mancanza di sfumature, il giudizio grossolano. non capisco la noncuranza nel distruggere i legami. non capisco la gente che non sorride quando ha voglia di sorridere e non piange quando ha voglia di piangere.
non capisco dove stia il vantaggio di trattenersi o quello di scandalizzarsi.
io non ho mai avuto troppa cura nel nascondere le emozioni, gli stati d'animo, la creatività.
quello che provo, provo. ciò che ne esce, esce.
penso che per la mia essenza, quella matassa di fili, valga un pò come per la salute: nulla le sarebbe più fatale che curarsene troppo.




martedì 30 ottobre 2012

cervelli in f...uga!


allora. io non me lo spiego come sia possibile che entro in facebook e trovo gente davvero appassionata a Francesco e Teresanna, Tara e Cristian, Belen e De Martino,.... ma proprio fanno i cuoricini eh! dagli occhi. o almeno spero solo dagli occhi escano sti cuoricini.
io ogni volta che ho finito una storia, a parte mio papà che apriva una bottiglia e uccideva il vitello grasso, non ho certo avuto orde di fans a sostenermi il deretano nelle discoteche.
va ben che io sono un riflusso gastrico della società, ma insomma neanche questi mi sembra vivano storie alla Rometta e Giulieo.
perchè frega così tanto delle loro vite, delle loro chat e delle loro ecografie?!
io un tempo ero appassionata alla LIEZZZON amorosa tra le Checa Onta e l'Uomo nero. però erano personaggi reali... very important people!
ed erano anche molto più simpatici e gioviali di questi rincoglioniti. e un filo più colti.






venerdì 26 ottobre 2012

Io, tipa da club

il 22 maggio 2013 tappa del Giro d'Italia a Vicenza. fervono i preparativi, quindi il comitato organizzatore indice stasera il primo seminario per le autorità, gli imprenditori, e poveri assessori allo sport come la sottoscritta.
al golf club.bon.
mi preparo senza troppe aspettative, stasera va per uno stile rock-boho-shabby-chic con frangia e capello mega stirato.
senza soffermarmi sul mio vagare nei colli tra i cinghiali e ballare coi lupi, perché mi sono persa, arrivo al parcheggio. ai piedi del colle dove sopra sta il golf club.
il parcheggiatore mi dice "aspetti signora (devo insistere con le creme antietá), la vengono a prendere con la macchina così non  prende la pioggia".
oh bene. esclamo io che sono entusiasta anche solo di non spezzare il grissino dentro la nutella.
mi chiedevo che macchina arrivasse.
magari un taxi.
un macchinone.
una limousine.
meglio.
di più.
il sogno, assieme alla "miniruspa", da quando sono bambina. la macchinetta del golf.
salgo e di nuovo io che son cretina dico:"CHE BELLO!!!!.
il guidate la suddetta mi guarda come se avessi parlato  con la voce di Satana.
eh.
perché con vento e acqua di tramontana, ovviamente quindi dalla parte mia, quelle macchinette lì ti fanno odiare di essere venuta al mondo.
con l'ombrello aperto ho sfidato le ire di Eolo. sfilacciandomi i muscoli delle braccia.
sono arrivata su con la capigliatura e il veleno della cubomedusa.
e, decisamente, il vino rosè dell'aperitivo era troppo poco nel bicchiere per riprendersi.
nb: la discesa me la sono fatta tutta a piedi senza pentimento.


giovedì 25 ottobre 2012

corriere mon amour


va ben dai. devo darmi veramente una regolata.
arriva il corriere con le nuove robette da vestire ordinate in un momento depresso (PERICOLOSSISSIMISSIMO!!).
apro la porta.
lo guardo.
gli dico: "posso fare come la pubblicità della zalando?!"
e lui: "cioè?"
"AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!" (saltelli, manine a pugnetto, piroetta).
lui: "ahn".
e io: "grazie per la collaborazione".



lunedì 15 ottobre 2012

Mele avvelenate


Vedi, dovresti sempre tenere presente che ciò che si rompe raramente si aggiusta.
Bisognerebbe tenere sempre presente che i rapporti si coltivano.
Che non basta essere nella stessa stanza per essere vicini, nè la distanza di chilometri allontana.
Sono le azioni che allontanano. La delusione. La fiducia che si vaporizza di fronte a complicità subdole.A scapito di rapporti leali.
Dovreste tenere presente che il rispetto verso gli altri, le buone maniere, il saper stare con gli altri, magari chi chiami amico, non dovrebbe dipendere dalle opportunità.
La sensibilità ti farebbe vedere quando una persona, in mezzo agli altri, è sola.
Ancora di più, quando sola l'hai resa tu.
Ed è sola perchè i legami che aveva sono stati strappati da una gamba tesa, o da più di una gamba tesa.
Bisognerebbe fare un passo indietro. Crescere un poco.
Bisognerebbe poi fare un passo avanti.
Prendere i lembi di quel legame strappato e fare un doppio nodo: per rinsaldarlo più forte di prima.
Quando l'effetto della sbornia finisce, dovresti riconoscere negli occhi degli altri il male che hai procurato.




domenica 14 ottobre 2012

SPLASH



L'illusione è che tu semplicemente
stia leggendo questa poesia.
la realtà è che questa è
più di una poesia.
questo è il coltello di un accattone.
è un tulipano.
è un soldato che marcia
attraverso Madrid.
questo sei tu sul tuo
letto di morte.
questo è Li Po che ride
sottoterra.
no, non è una dannata poesia.
è un cavallo che dorme.
una farfalla dentro
il tuo cervello.
questo è il circo
del diavolo.
e non la stai leggendo
su una pagina.
è la pagina che legge
te.
la senti?
è come un cobra. è un'aquila affamata
che sorvola la stanza.

questa non è una poesia.
la poesia è barbosa,
ti fa venire
sonno.

queste parole ti incitano
a una nuova
follia.

ti ha toccato la grazia,
sei stato spinto dentro una
abbacinante regione di
luce.

adesso l'elefante
sogna insieme
a te.
la volta dello spazio
curva e ride.
adesso puoi morire.
tu puoi morire adesso come
si doveva morire da uomini:

grande,
vittorioso,
con l’orecchio alla musica,
essendo tu la musica,
che romba,
romba,
romba.”

Charles Bukowski





sabato 6 ottobre 2012

rediviva al sabato mattina


procedure di recupero della signorina festaiola al sabato mattina.
attraverso una sac  à poche prelevare una generosa quantità di siero effetto lifting per pelli molto mature\in via di decomposizione.
applicare sul viso con un rullo da pittura avendo cura si seguire la direzione dal basso verso l'alto e tenendo saldamente tirato verso la nuca lo scalpo (si consiglia coda di cavallo per una più agevole presa).
quando il colorito virerà dal verde Frankestain a un più sano panna acida, e le sopracciglia si saranno sostituite all'attaccatura dei capelli, donando al vostro sguardo un gradevole effetto arancia meccanica, la procedura potrà dirsi eseguita correttamente.




 

martedì 2 ottobre 2012

ricordando quando le letterine erano gnocche...

...mentre adesso ci fanno terrore!!!
Ma che è successo alla faccia della Fabiani???
Le sta precipitando!!!
Agganciatele una vaschetta salvafreschezza al collo, come si fa con i San Bernardo, nel caso cada qualche pezzo.
Decisamente preferisco la compressione del cranio della Carfagna: quando raggiungerà l'acme,i suoi occhi  schizzeranno direttamente nella termosfera e qualche navicella spaziale si chiederà cos'è stata quella pacca sul vetro, inizieranno i convegni, le ipotesi, la ricerca di vita oltre la terra e pure oltre la morte,... 
non vedo l'ora.
Almeno non dovrò più soccombere allo sgradevole effetto di strabuzzare inconsapevolmente anche io le orbite guardandola alla tv.



 

se io fossi consigliera del Lazio...

...al massimo la festa che riuscirei a partorire sarebbe "il party della quaglia pelata"... potrei attirare tutti i maiali delle precedenti feste sì, che rimarrebbero delusi perchè in realtà non c'era nessun doppio senso nel tema della serata, ma un simpatico filò  utile allo spiumare le quaglie per la cena del giorno dopo...perchè se le vuoi mangiare le devi pelare! semplicemente unirei l'utile al dilettevole, arrivando  nella peggiore delle ipotesi  a far bisboccia col merlot.
voglio dire.
a sto punto premiamoli, paghiamoli. apriamo un dicastero dove più il ministro e il suo teatrino fanno feste perverse più, vengono pagati.
adesso io vorrei mettermi di impegno e vedere quanti tra noi persone che potremmo definire relativamente normali, riuscirebbero ad avere la fantasia di creare delle feste a tema tipo: "la festa dell'azzurro shocking". e tutti a vestir di azzurro.
la festa dell'antica grecia (dove giustamente l'organizzatore fa la parte di Ulisse, e che ca...!).
la festa dove tutti gli uomini si sono vestiti da maiali. e qui: qualcuno mi spiega se, visti i nomi che si conoscono dei partecipanti, c'era davvero bisogno di mettergli un grugno di lattice sulla faccia o bastavano le mani sul culo delle vestali?! 
il prossimo che vuol far ste feste si scriva un appunto: alcuni invitati sarà neccessario vestirli da maiali. per altri madre natura ha già provveduto egregiamente.
e Batman? una mascherina innocente. da bimbo. tutti i bimbi sono stati vestiti o da Zorro. o da cow-boy o da Batman. solo, appunto, troppo innocente. mi stupisce che non si siano attrezzati per riprodurre pure uno spin-off con tanto di strage come a Denver.
e poi. continuate davvero a sostenre che loro non sono più avanti di tutti? la FESTA DELLA MERDA.
dovremmo premiarli.
pagarli.
propongolo stipendio:
una bella badilata di merda davanti alla porta di casa ogni giorno. anche due se un esponente è davvero in gamba (meritocrazia si chiama).
più vitalizio di liquame. 
rimborso spese un tot di stronzi a chilometro.
pensione a vita di fanghi termali. che fanghi non saranno, m,a caldi si.

son soddisfatta: pure Dante mi è apparso in sogno e mi ha battuto sulla spalla. 
ha detto che un pò ha dei rimorsi : in fondo gli adulatori del suo ottavo cerchio non meritavano.




 


lunedì 1 ottobre 2012

voglio giocare col mio mazzo di carte...



mentre leggi, ascolta questo.

oggi è rabbia.
così esce da me questo amore. dico vado a casa e cerco di avere un'espressione che comprenda porte, finestre, uscite di servizio. e mentre dici anch'io, vorrei dire no, casa è dove possiamo stare assieme.
vorrei prenderti le mani, tirarti verso terra, farti sedere di fronte a me, sul cemento bagnato, mentre piove, piove ogni volta che ci vediamo, le nostre macchine lì, parcheggiate sempre uguali, e dirti ecco! questa è casa.le nostre dita intrecciate sono casa.

mi guarderesti. gli occhi che cambiano colore non trattengono nulla, faccio esplodere la realtà ogni volta che mi guardi.
e se mi guardassi seduta sul cemento, sotto la pioggia, che ti tengo le mani lo vedresti: un sogno lunghissimo e immobile, come tutte le cose che stanno per accadere.
senza una sola parola farei rimbalzare sul cemento tutti i desideri. più sorriso che bocca, più sguardo che occhi. un sospiro può diventare una tempesta.

non ti alzare da qui. siamo a casa. io e te. dammi un mazzo di carte nuove, non costringermi a giocare per forza con le tue,con quelle degli altri, con i mazzi passati, con cui ha giocato qualcun altro. dammi un mazzo nuovo, lascia che sia io a mischiarlo, a giocare la mia partita.
tutta questa gente, tutte queste parole, vogliono mettermi paura, mentre io desidero solo giocare la mia partita senza il terrore di perderla.

però tu devi ogni volta andartene.
ed io resto ogni volta qui.
non so se mentre te ne vai, mentre me ne vado anch'io, ti accorgi che in realtà resto qui... e questo piazzale, questo cielo, questa pioggia quando tu non ci sei puzza improvvisamente di chiuso.

non so se queste mie gioie, malinconie, sospiri si rincorreranno per sempre, o se si spiegheranno ad uno ad uno. vorrei solo che tu ti accorgessi che non mi è indifferente quello che sarà e come sarà. come ora, quando il vuoto spazza via tutti i miei desideri, e la paura di non saperlo riempire si trasforma in rabbia.




 

venerdì 28 settembre 2012

Io protodonna!!!

Adoro imparare cose nuove nei momenti di attesa per sopperire ai buchi che i tarli mi fanno nel cervello. Ad esempio ho appena imparato che oggi è San Zama, PROTOVESCOVO di Bologna... beh. Questa mi mancava. cos'è un   protovescovo?!?! É un termine affascinante. Un prototipo di vescovo. Chissà come dev'essere un protovescovo e cosa gli succede quando diventa vescovo intero. Anche io non sono del tutto una donna, non intera comunque... ergo da ora sono una protodonna. ELEONORA LA ELE VIGNATO PROTODONNA. fuckyeah.



 

mercoledì 26 settembre 2012

ATTESA di N. Marino


E ti aspetti chissà cosa.
Con lo sguardo chiedi come sempre,
senza fare un passo,
nascosto dietro il tuo parlare muto.
Io declino la richiesta.

Guardo altrove...il sole che splende...
la neve che cade...
i bimbi che corrono...
il freddo tagliente.

Il pensiero del mio uomo mi sovviene,
da lontano risponde ed io mi rassereno.

Passo oltre il tuo volto triste, imbronciato.
Come bimbo a cui si nega la marmellata.
Come uomo che non trova la sua strada.

Capricci muti, pensieri inespressi urlano
“tempo verrà”
con una nota di rancore e di melanconia insieme.

Ma il nostro tempo è andato senza di noi.
Ora segue la sua strada che non ci appartiene più.

Tu lo hai scelto, io l’ho voluto.
Lontani, abbiamo alzato i nostri muri,
voltando le spalle,
ognuno pensando di aver scelto la maniera giusta,
l’unica via o semplicemente sperando
che l’altro ci avrebbe ripensato,
che il tempo avrebbe portato consiglio,
come dicono i nostri vecchi e invece...
ciascuno stanco se n’è andato.

Conosco ogni tuo passo, ogni pensiero.
Le parole non dette, i desideri inespressi.
Ma non ho più la forza né la voglia
di raccogliere, ascoltare.
Ho serrato la porta.
Tu non entri “vietato l’accesso” ho scritto.

Non mi ingannano più i tuoi sguardi,
cadono via come goccia di pioggia,
scivolano sul lastricato fino a valle,
conoscono la via.

Troppo male hanno prodotto in passato
per degnarli ancora di attenzione.
Riconosco le modalità in te
e in chi ti assomiglia da cui
pur mi sento ancora attratta ma... 
Sorrido e passo oltre mentre penso “già dato!”.
Ora è tempo di prendere per me
e tu non hai nulla che io voglia ancora.

Sento gli occhi delusi, tristi,
sento la voce muta che mi chiama,
fantasma di uomo, non stringi più il mio cuore
nelle tue mani non affondi più la lama
per farlo sanguinare, mordi il freno,
ma non più le mie carni.
Ora libero, il cuore
corre via memore di sentimenti inesistenti.

Leggo nel tuo sguardo il rimpianto
e mi verrebbe da gridarti “pirla”,
ma mi manca la voce della vendetta.

Sento solo una gran tenerezza
che mi sussurra piano: “non serve,
non compensa della sofferenza,
non gratifica il suo rimpianto”.

A te rimane dentro vivo il ricordo
di ciò che non hai più;
sogni possibili senza gambe.

E’ sempre stato così:
desiderare ciò che non possiedi,
buttare via quanto già avuto.

Non si recupera
ciò che è stato sparso al vento,
senza pensare, senza riflettere,
solo perché chiedeva fatica,
energia, rinuncia.

Spesa mai sostenuta, tutto gratuito
Hai sempre chiesto e preso.

Ti seguo da lontano agire come sempre,
non sei cambiato, non hai imparato nulla,
ogni volta spalanchi gli occhi per la meraviglia,
scopri, come la prima volta,
l’atteggiamento degli altri,
di quelli che pur conosci da tempi lontani
e che nulla dicono di nuovo per gli altri.

Per te è nuovo ogni volta
anche il vecchio liso e stinto

Tu non ascolti che te stesso
non vedi altro fuori di te solo tu,
che ti espandi, il mondo sei tu,
ignori tutto ciò che non “comprendi”.

Vivi contro tutto ciò che da te si diversifica
e inglobi il resto.
Come la gramigna sei selvaggio e resistente.

Invadi ogni terreno e attecchisci anche sulla roccia.
Vivi di poco, poco sole, poca acqua,
poca luce, come vegetazione primitiva.

Non hai colpa.

Non puoi dare ciò che non possiedi.

L’attesa è vana.
E’ tempo sprecato.
E’ nota non suonata.

E’ il vuoto che si riempie di sé.




 

martedì 25 settembre 2012

sabbia fino al cuore


Invade la bocca come un bacio non voluto.
Scioglie gli occhi in gocce che non posso dire.
E quei vetri ormai lucidi dal quale credevo di vedere son tornati a farsi opachi.
E' una delusione che non cambia mai, ritorna sempre e sempre più uguale.
Ogni volta che sbaglia con me sbaglia meglio.
Non cambia quella sensazione di erba secca sotto la schiena, di un mozzicone che cade davanti al viso, di un peso tutto premuto sulle caviglie.
E' cambiata solo la stagione che, allora, anche se calda era cruda.
Certe cicatrici tornano ad aprirsi ogni volta che succede. a lasciar entrare sabbia nel cuore .
Guardare indietro e chiedersi quale è stato il punto in cui ho sbagliato strada, in cui ad un bivio ho avuto la possibilità di scegliere e vedere invece che la strada era una sola.
E ripercorrendo le strade a ritroso rivedere i gesti, le parole. non miei. 
Come rifiuti qualcuno rovescia un secchio davanti alle gambe e dice che è roba mia.
Di nuovo. Tutta tonda la colpa, tutta piena come i sassi. 
Quella sensazione di erba secca sotto la schiena, di un mozzicone che cade davanti al viso , di un peso tutto premuto sulle caviglie.
La cercavo anche allora la mia colpa, mentre ingoiavo le urla e dentro la testa infuriava per non farmi vedere, sentire, capire.
Quelle facce che conoscevo così bene, di cui avrei cercato i contorni la notte se mai avessi avuto paura: facce amiche.
Quelle facce che tornano a far male, oggi come allora.
Graffi sulla schiena. Entra sabbia fino al cuore.






 


giovedì 20 settembre 2012

il male che non riesco a bruciare

musica...


ho messo un vuoto tra le parole e il cuore. 

una parete che fosse fatta di aria e di cartone, una tela di ragno che prendesse le paure, le delusioni e i rimorsi, un vetro su cui incollare le ferite e il sangue e le lacrime.
la volevo più cieca dell'acqua. più sorda del vuoto.

poi il cielo si è fatto piccolo e tutto quello che reggeva è sotto ai piedi, lo vedo solo se abbasso gli occhi.
sono diventata così grande e così ingenuamente furba. con una bocca così piena di sorrisi e pugni vuoti.
sola come un sospiro.
e vorrei un abbraccio che mi tenesse unita, uno scoglio asciutto dove non si scivola, una mano sotto ai capelli ad accarezzarmi il collo, una voce che sussuri dentro alla mia bocca.
e vorrei che qualcuno aprisse le mani davanti a me e ricordasse a me per prima che il ferro non è la mia materia, che di implodere nemmeno ci si accorge.
e vorrei una salita che mi portasse sulla cima dove il cielo di nuovo è infinito e rosso e denso.
e vorrei una scala dove salire scalza e non guardare giù mai più.

esausta quando tutte le forze sono impegnate a cercare nella nebbia un faro e fuggire appena il porto è sicuro.
la tempesta, sempre la tempesta come habitat naturale.
cercarmi, perdermi, lasciarmi, ritrovarmi, strattonarmi.
fare a pezzettini piccolissimi la me che non va, ricomporla desiderandola uguale, morirne quando esce diversa.

a vederti così sembri un soldato d'altri tempi, di quelli per cui vivere o morire è lo stesso, l'importante è solo la guerra.
allora sei tu il camino ideale dove gettare ciò che di fastidioso c'è, perchè tu sei fuoco e bruci, e cancelli, e sopporti, e non cedi.
e quando soffri lo fai in silenzio. e quando piangi invece si vede. e quando ti arrabbi invece gridi. e quando sei ferita invece usi le parole.

e non devi essere messa in dubbio: devi essere fuoco e sforzarti di alzare fiamme capaci di dissolvere quanto di peggio ti getteranno addosso.
possono farlo. se non riuscissi a bruciarlo o si vedrebbe o grideresti o useresti le parole.

dimenticano che nel silenzio il fuoco non scalda. muta cenere.





 

lunedì 17 settembre 2012

il cinghiale è un finlandese!


Ne vogliamo parlare? Ne vogliamo parlare!
Delle pubblicità.
Considerando che praticamente l'ultimo terzo di ferie l'ho trascorso ad aspettare la pioggia, stare sul divano per vedere se il mio culo c' ha il memory system come i materassi e guardare la tv, alea iacta est! Il dado è tratto.
Odio ufficialmente la tv. E la amo. E la odio. E più la odio, più la amo. Perchè mi offre degli splendidi spaccati di demenza. Che dovrei odiare per riuscire a schiacciarmi i pochi neuroni che mi sono rimasti, tipo le bolle del cellophane. Però che amo perchè dona alla mia demenza una possibilità di catapultarmi un giorno nel mondo delle pubblicità. Con successo.
Op! Ginocchia al petto, abbomba!
Riescono ancora a stupirmi i pubblicitari. Ma cosa gli mettevano le mamme nel biberon? Brodo di Dash?
Vogliamo soprassedere sull'immagine della figura femminile che ne esce, tanto per dirne una?
No. Non vogliamo.
Si può riassumere in poche parole. Noi donne saremmo tormentate da fastidiosi e continui pruriti intimi, a proposito dei quali ci troviamo a fare delle lunghe chiacchierate con le nostri madri, che ci consolerebbero sul fatto che capiti anche a loro (genetica. Molto rassicurante).
Che se ti vesti di rosa dopo che il bruciore ti ha impedito di andare in palestra con le solite amiche sgallinate starai sicuramente meglio.
Splendida l'ultima che si presenta con una fascia nera a coprirle la faccia per la vergogna e che decide che non si deve più vergognare. Ehccerto. Perchè ad un pranzo conviviale non offri a tutti una spalmata di pomata con un bel “prosit”?!
Invecchiando finiremo a fare le postine e un adesivo per la dentiera ci permetterà di fracassare gli altrui baloon, mangiando bruscolini e noci come se piovessero. A casa degli altri.
Che poi. Niente di più assurdo. La maggior parte degli utenti al postino sparerebbe col pompa. Perchè ce ne sbattiamo che l'ambasciator non porta pena: lui porta le bollette.
Quindi due fette di torta gliele diamo di cartongesso.
Però vabbè.
Se ci va bene, noi donne riusciremo anche a sorprenderci. Si. Con la diarrea. Toh. Che stupore. La diarrea. E l'uomo? No, per capire. Non gli capita oppure se gli capita non si stupisce? La sua attenzione non è destata dalla consistenza, dura o molle? Beh. Ecco. Riesce a sorprendermi davvero questa diarrea. Pure se dell'uomo.
Potrebbe anche partirci un embolo e andare a caccia di finlandesi, anestetizzandoli nei boschi con la cerbottana. Ho appreso da questo spot che i finlandesi adorano vestirsi come dei cinghiali tra l'altro.
E qui sono vittima di un ulteriore disagio: il cinghiale che ti si siede sulle ginocchia se mangi pesante è in realtà un finlandese dai denti splendenti?
Ah, sono finiti i tempi in cui eravamo così fortunate che ad un appuntamento al buio davanti alla Tour Eiffel ti si presentava Jude Law. O quando dall'ufficio guardavi un operaio bere la coca light e ti scoppiavano i bottoni della camicetta, ammazzando i piccioni in volo.
Ora possiamo spaziare dalle caramelle che piacciono a Marco e gli fanno ballare la paranza ad un giardiniere obeso nudo che fa la cyclette. Devo capire il nesso con il fertilizzante.
Devo davvero chiedere a Molly di darmi una di quelle capsule molli e vedere di far partire le sinapsi!
Sono finiti i tempi, anche, dello scoiattolo scoreggione che spegneva l'incendio e, grazie alla stessa gomma da masticare, dei capezzoli estensibili, alla ispettore Gadget, con cui suonare le ringhiere dei vicini.
Ora il bambino è diventato una marionetta.
Non c'è limite al peggio.
Rivoglio davvero quella caspita di capsula molle.
Voglio stare lucida ancora un attimo per sostituire Giovanna, che sverniciava la ringhiera in autoreggenti, con Marco. O il giardiniere. O il finlandese.
Che poi sarebbe un cinghiale.
In autoreggenti.




 


martedì 11 settembre 2012

PEZZI SENZA IMPRONTA




Pensavo, credevo e speravo di aver fatto le scelte giuste.
Sempre.
Pensavo che la felicità bastasse per farti allacciare le scarpe e iniziare a correre verso qualcosa.
Io ho corso.
Sempre.
Senza mai prendere fiato.
Sono inciampata, ho avuto freddo e sete, e paura.
Ma ho avuto anche tanta gioia.
Ho dato e creduto.
Poi è tornato a farsi spazio in me il presentimento che ci fosse un baratro.
Che la strada finisse, improvvisa.
E così succedeva ed è successo sempre.
Mai, e dico mai, in tempo da non caderci e rompermi tutte le ossa.
Eppure sono riuscita sempre a togliermi le scarpe.
Rimanere stesa a terra per tempi lunghissimi.
Paralizzata dal dolore e dalla delusione.
Ho toccato con le mani le mie stesse mani.
Solo per sentire se ero viva. Viva nella misura di sopravvivere.
Ho atteso che i pezzi si rimettessero assieme.
Ogni volta ne è uscita una me diversa.
Prova tu a romperti e ricomporti. Non tornerai mai più uguale a prima.
Ad ogni modo sono ripartita, camminando piano.
Fino a che dopo tanto camminare, scalza, lo trovavo di nuovo.
Il motivo che mi facesse riallacciare le scarpe e correre.
Il più delle volte sono caduta per non aver voluto rallentare.
Per non aver voluto vedere, durante il cammino, le parole che scolpivano i gesti.
Perchè è così.
I gesti parlano.
Le parole arrivano.
La testa dispone.
Il cuore ignora.
Impari a farlo se impari a conoscere la crudeltà della gente.
La crudeltà nelle loro parole.
I giudizi che strozzano la gola.
Così impari a non cogliere più nulla.
E a perdere le indicazioni importanti.
Dicono si chiami fiducia.
Dicono si perda la fiducia.
Fino a questa volta.
In cui mentre con le mani tocco le mie mani e mi manca il respiro.
Vorrei dire che ormai dovrei avere l'esperienza di ricompormi.
Ma non trovo dei pezzi.
Manca qualcosa.
Manca la mia essenza.
Manca quella sensazione di aver comunque fatto qualcosa di buono.
Manca l'abbraccio dell'aver fatto del bene.
Manca il profumo di aver reso qualcosa migliore di quello che era.
Ho guardato indietro.
Tutte le strade e tutte le cadute.
Mentre io porto i segni di ciascuna.
Mentre ciascuna mi ha cambiato.
Loro no.
Su nessuna di quelle strade e delle cadute è rimasta la forma del mio corpo.
Intero.
O a pezzi.
Nulla di me.
E allora perchè ricompormi e ricominciare a correre.
Se nemmeno qui rimarrà nulla della mia corsa.
















 

venerdì 7 settembre 2012

SARO' UN'ANZIANA STRONG!


Continuo a dirmelo.
Ci sono dei giornalisti al quale consiglio spassionatamente un nodo sopra la testa con le orecchie, stringendo forte, in modo che i vari lobi del cervello, entrando in contatto, facciano partire sui pattini qualche neurone.
In genere, il cronista di cui sopra, inizia la frase con “anziano di...sessantanni”.
Maddreddeddios.
Non auguro a nessuno di essere presente alla reazione della mia genitrice.
Caron dimonio con gli occhi di bragia. Guiderebbe un kayak fin nell'ade trascinandosi dietro l'albo intero dei giornalisti. E ogni tanto un colpo  di pagaia sui denti a quelli attorno. Dal nervoso.
Perchè no. No e poi no.
A sessantanni non puoi essere definito anziano. Non si è anziani neanche a settanta ormai.
Ma che dico. Pure a cento.
Io me lo sono chiesta quando deciderò di diventare anziana.
Essendo nella fase che non ho ancora deciso di diventare grande, posso fare un pensiero calibrato ed equilibrato sulla pianificazione della mia età senile. Sono un'abile calibratrice di idiozie io.
Intanto nel momento in cui diventerò anziana, al compimento dell'età che deciderò, voglio una festa. Con gli spogliarellisti. Una specie di addio al nubilato al rovescio.
Dicono che si torna bambini da anziani. Bene. Per il processo inverso bisogna passare per la gioventù, l'adolescenza e la pubertà. E finire nuovamente con un girello e un pannolone
Le cose vanno fatte bene. Altro che no. Con annessi e connessi. E spogliarellisti dismessi. Fiesta, the sun also rises!
Massimo rispetto per i sette che sono stati espulsi da un ospizio per comportamenti, definiti, antisociali. Bisboccia. Festini. Musica a tutto volume. Girl-friends invitate a passare la notte con loro e sfilate, spesso nudi (l'alcol disinibisce ad ogni età!), tra i corridoi in allegra combriccola. The grandparents pride!
Un ostello di universitari. Oddio. L'effetto ottico non dev'essere lo stesso. Soprattutto in desabillè. Ma con un sistema di bretelle e scotch si può ottenere una parvenza semi-sexy..
E poi ci si può dare allo sport. Parapendio a 101 anni. La più anziana a praticarlo ad oggi.
Porca eva. L'osteoporosi in certi casi anziché sfarinarti le ossa te le rende elastiche come le cicchebombe. 
E credo ti renda anche sfrontato.
Regina indiscussa della mia personale hit parade dei nonni rock è l' automobilista fuggitiva che non si è fermata al posto di blocco della polizia. E loro l'hanno seguita. Con tanto di lampeggiante e paletta fuori dal finestrino. Lei ha continuato a fuggire attraverso le strette stradine di campagna dove viveva e che quindi conosceva bene, impedendo agli agenti di superarla.
Mezz'ora di inseguimento. In tutto qualche chilometro. Sì, perchè velocità folle a cui era lanciata la nonna nella fuga erano circa 15km\h. E quindi anche la macchina della polizia. Col suo lampeggiante.
Ma perchè non mi trovo mai al posto giusto al momento giusto!? Non riesco a non immaginarmi la scena senza avere l'impulso di chiedere a qualcuno di seguire la mia macchina alla stessa velocità! E' una roba talmente surreale che penso mi farei tamponare a forza di ridere! 
Finchè la strada si è allargata, l'agente è sceso, ha raggiunto a piedi l'auto della criminale, ha bussato al finestrino, e le ha chiesto di fermarsi.
E lei è ripartita, minacciando il poliziotto di lasciarla in pace, col suo bastone da passeggio che teneva sul sedile a fianco. A 15km\h è fuggita per la seconda volta.
Altro che anziani chiusi in casa a pregare.
Siamo noi giovani che alla vista di una paletta rispolveriamo nel giro di qualche secondo i sacramenti, il rosario, i misteri gloriosi, gaudiosi e pure polverosi.
Vaffanculo anche a  Mika e il suo we are young, you are strong, we're not looking for where we belong, che non sarebbe altro che siamo giovani, siamo fighi e non stiamo cercando un posto nel mondo.
Veramente young, veramente strong c'è la nonna fuggiasca. 
E il mio posto nel mondo è il sedile del passeggero nella sua auto.


martedì 4 settembre 2012

DEVI PIEGARE BENE IL TUO VELO...




E' decisamente impossibile capire quando sarà.
Ma ci sarà.
Potrebbe arrivare piano oppure tutto ad un tratto.
Ma arriverà.
Forse sarebbe intelligente sperare che arrivi presto, fortissimo e velocissimo.
Per poi andarsene esattamente alla stessa maniera: presto, fortissimo e velocissimo.
In questo però nessuno è davvero intelligente ed ingenuamente continuiamo a sperare che non si presenti mai.
E' il dolore.
Quello che segue le decisioni, le scelte di anni, la sopravvivenza, di mesi o qualche settima.
Se sopravvivi alle scelte che ti hanno provocato sofferenza, che siano tue o tu le abbia subite, oppure ancora tu sia stato costretto a metterle in atto, di sicuro avranno uno strascico.
Un velo da sposa che ti segue, malinconico.
Leggero fino al momento in cui si stacca dalla tua testa, dai tuoi fianchi e dal tuo cuore, strappandone una parte. In fondo al velo delle malinconie ci sono pietre aguzze, vivide e trasparenti. Brillanti .
Sono le pietre degli errori, di ciò che non puoi più cambiare, di ciò che non puoi dimenticare.
Ed il dolore inizierà quando ti accorgerai delle pietre.
Quando il loro peso provocherà lo strappo al cuore.
Non lo puoi evitare.
Non puoi impedirgli di sanguinare.
Non puoi fermare il dolore.
Però puoi voltarti un' ultima volta indietro, prendere tra le mani quello strano velo da sposa, piegarlo piano, scorgere tra trama ed ordito tutto ciò che ti bello e brutto ha costruito la malinconia che lo compone e che ti sei trascinato per giorni, settimane, magari anni... ognuno ha il suo velo.
Per tutta le durata che richiederà piegarlo ordinatamente sarà straziante.
Da ultime tra le mani arriveranno quelle pietre.
Nel frattempo avranno smesso di brillare e saranno tornate ad essere errori.
Tutto finirà quando riporrai il tuo velo in una valigia.
E quella valigia porta attaccati gli adesivi di tutti i posti che potrai visitare da quel momento.
Hanno nomi conosciutissimi questi luoghi, eppure le loro strade sono senza indicazioni.
Speranza. Fiducia. Saggezza. Leggerezza. Disponibilità. Serenità.
Sto piegando un velo lunghissimo.
Non sono ancora giunte tra le mie mani le pietre e so che, purtroppo, stanno ancora brillando.
Ma ho voglia di fare quel viaggio.
E allora continuo a piegare le mie malinconie.
Pronta a spegnere le pietre.

venerdì 31 agosto 2012

da ieri ho un Suegno!


Neanche il tempo di pensarci un pò su.
La prova che mica occorre inventarsele le magagne.
La ri-prova che ogni giorno, se non stiamo attente, finiamo a testa in giù in una gabbia di scimmie. E il problema non è quello che ci potrebbero fare le suddette, ma l'avvilente esitazione nel distinguerci da parte dei soccorritori venuti a tirarci fuori di lì.
Dunque bisogna stare attente. E rassegnate.
La sorpresina del giorno? L'herpes labiale. Non ci facciamo mancare niente.
Non penso certo di essere l'unica vittima di questa turpe barbarie. Ma sono tra le campionesse dei metodi fai-da-te per rimediarvi. Tutti fallimentari. Miseramente fallimentari.
A me l'herpes viene sulla punta del labbro inferiore. Ergo il mio profilo subisce una mutazione. Divento altro. Una moka. Un luccio. Lo yacht Suegno di Piersilvio.
Bisogna trovare metodi per mimetizzare il tutto.
Partendo dal portarmi tutti i capelli ai lati del viso, in una revisitazione (tra le meglio riuscite) di Samara Morgan, che, con un'esperienza di sette giorni in un pozzo ad arrampicarsi, ha qualche giustificazione in più riguardo il suo aspetto.
Ho letto  che si può mettere del dentifricio. Quindi mi sono armata di pasta del capitano e, con cazzuola e frattazzo, ho rivestito el suegno di stucco mentolato. Ma dopo qualche minuto mi sono crepata e sgretolata e caduta a pezzi direttamente nel sugo che sobolliva.
Poi un volpe qualsiasi deve avermi detto "Bicarbonato. Bicarbonato e acido ascorbico. Si-si". Se uno pontifica così dev'essere per forza un metodo infallibile. Ma l'acido ascorbico? Come la mettiamo? Dove vado in cerca? Soprattutto le mie reminiscenze di chimica tardano ad arrivare e sono troppo pigra per informarmi. Ho pensato di sostituire con il succo di limone. ça va sans dire: doloroso come averci appeso dell'nduja a strati.
Alla fine mi sono affidata ai cerottini. Quelli che ti metti il rossetto e non si vedono più. Si. Come no. Non fatelo. Non fatelo nessuno. Che tu metta il rossetto oppure no, quelli ad un certo punto prenderanno vita e come una manta inizieranno a muovere le alette attirando l'attenzione di chiunque ti stia davanti.
Per carità. Meglio portarci sta grancassa appesa davanti.
E se qualcuno ti dice "hai l'herpes?", prima di fargli i complimenti per la domanda intelligente, rispondi no.
Ho un Suegno!

giovedì 30 agosto 2012

Potevano essere i calzini...


...ma vuoi mettere le mutande che varietà?!
Si chiama proprio così. Questo blog, il mio blog.
E se la malizia potrebbe far pensar a tutto quello che invece non c'entra nulla, allora è meglio che io chiarisca questo nome. Il nome che identifica il blog. Il nome che identifica cosa contiene. Il nome che identifica me.
Le mutande sotto al letto sono l'imperfezione.
Sono il neo che nessuno ha il piacere di far scoprire, sono l'imperterrita e imperitura tendenza a sbagliare di ognuno.
Ad essere fragili, ad essere deboli. A commettere errori madornali che possono sconvolgere il proprio piccolo, ma infinito, cosmo. O a commetterne di piccoli, veniali, ogni giorno.
Come un paio di mutande dimenticate sotto al letto in una cameretta tutta trini, merletti e luccichio diffuso.
Perchè nessuno è infallibile.
Nessuno cammina senza inciampare.
Nessuno è esente dall' essere vittima di qualcosa.
Ma nessuno nemmeno è esente dal non riprovarci.
Nè tantomeno dal chiedere il permesso agli altri o dare il potere al giudizio altrui di piegarci.
Io per prima.
Non c'è lo sparo di nessuno starter a farmi partire.
Non c'è nessuna regola. Nessuna linea di partenza nè di arrivo. Nessuna classifica. Nessuna penalità.
Parti come vuoi. Riparti come vuoi. Corri leggero. Respira quando vuoi. Arriva come puoi.
Io ricomincio, come si dice in gergo palesemente tecnico, "indietroculo". Cioè con questo primo post, serio, diverso da tutti quelli che verranno. Ricomincio da qui.
Ricomincio da me.
Ricomincio in questo spazio virtuale con le uniche cose che ho sempre saputo fare, fino a un pò di mesi fa quando la vita mi ha messo davanti una battaglia che non volevo, non meritavo, probabilmente, di combattere, da cui spesso mi sono lasciata vincere.
Le uniche cose che erano veramente la mia identità, il mio marchio di fabbrica, la mia impronta, e di cui io stessa mi sono privata: scrivere e non prendermi sul serio. Ammettere che spesso anche io ho delle mutande sotto il letto.
Questo blog sarà la pista di atterraggio dei miei pensieri strambi e della dissacrante tiritera che li renderò.
Per riderne. Per ridere di me. Per ricordarmi che essere fragile sono.
E, magari, per stringere virtualmente tra le mie mani quelle di qualche altro essere vivente verso il quale i pianeti non si congiungono mai a favore... ma che se sai dove si trovano, puoi sempre indirizzare ciascun dito medio di ciascuna mano verso una direzione ben precisa!!!!
A me. A tutti quelli che ogni tanto si ritrovano... delle mutande sotto il letto!!!